Sulla copertina, il fascino misterioso di un campanile abbandonato che svetta su un lago. Un titolo, “Resto qui”, che suona come una parola di resistenza. Una prima frase intrigante: “Non sai niente di me, eppure sai tanto perché sei mia figlia” … Non si capisce ancora perché Trina, la madre e narratrice, sente la necessità di raccontare la sua vita, ma si può già indovinare che in questa storia non andrà tutto liscio.
Trina vive a Curon, in una regione montagnosa d’Italia, il Trentino-Alto Adige che, da austriaca, è diventata italiana nel 1919. All’italianizzazione forzata durante il regime fascista e alla guerra succederà in questo luogo il progetto di costruzione di una diga, e tutti questi eventi cambieranno la vita della nostra eroina e della sua famiglia.
Il libro mi ha affascinato tanto per il modo in cui mescola la grande e la piccola storia. Pur essendo drammatico, il racconto non è mai pesante grazie allo stile della narrazione, che non si dilunga in spiegazioni lunghe e dettagliate, ma cerca semplicemente l’immagine che colpisce di più!
Inoltre, la forza di carattere di Trina mi ha sedotta. Trina è una guerrigliera, non nel senso che distrugge tutti gli ostacoli, ma perché è risoluta e prova sempre a trovare la forza di andare avanti. Un personaggio molto coinvolgente.